Naven/Potlatch
Seminario permanente sul contemporaneo
1. L’epoca delle transizioni (A.A. 2024/2025)
Nell’ambito dell’insegnamento di “Istituzioni giuridiche, sicurezza e mutamento sociale”, questo corso inaugura "Naven/Potlatch. Seminario permanente sul contemporaneo" dedicato a una lettura critica della società contemporanea in chiave sociologica e antropologica che troverà sviluppo e continuazione nei prossimi anni. I due termini Naven e Potlach rimandano a due celebri rituali studiati dall’antropologia assunti qui come metafore e indici di forme di vita sociali "altre" distrutte dalla civiltà occidentale, dal capitalismo e dalla tecnoscienza. La loro conoscenza sembra essere una possibile, necessaria e adeguata premessa al tentativo di comprensione del più generale processo di "metamorfosi" del mondo contemporaneo (Beck 2016). Da un lato questi rituali dimostrano, a imperitura memoria e monito per il tempo a venire, che sempre un’alternativa all’ordine dominante e allo stato delle cose è possibile purché si conoscano la storia e il passato, ciò che anche è possibile chiamare la tradizione, e, nell’orizzonte del contemporaneo, si percorrano con coraggio e consapevolezza, lontani dalle sirene delle mode culturali, i sentieri del pensiero utopico; dall’altro, il Naven e il Potlatch ci invitano a pensare in senso critico, anti-naturalistico e politicamente avvertito alle molteplici forme ideologiche di cui sono sempre rivestiti tutti i fenomeni sociali nel plurisecolare regime capitalistico di cui le transizioni globaliste sono oggi l’espressione più ampia, feroce e infestante forse mai apparsa sulla Terra. Lo sfondo della riflessione sarà sempre costituito da una parte dal capitalismo inteso come matrice totalitaria di forme di vita (bio-logiche e socio-logiche); e dall’altra dalla tecnoscienza il cui immenso potere trasformativo, vero braccio armato del dominio capitalistico, è ormai del tutto svincolato da qualsivoglia forma di controllo etico, politico, giuridico e sociale per manifestarsi senza freno come un vero e proprio delirio di onnipotenza.Il corso di quest’anno offre una rassegna, sociologicamente e antropologicamente avvertita, sulle transizioni in corso evitando facili e banali, oltre che false, rappresentazioni “politicamente corrette”, progressiste e mainstream, facendo riferimento ad autori passati come Walter Benjamin e Georges Bataille, più vicini nel tempo come Guy Debord, Jean Baudrillard e Ulrich Beck, e contemporanei come David Graeber, David Lyon e Frank Furedi, per non citare che alcuni fra quanti saranno presentati e discussi, unitamente alle vivide ricostruzioni storiche di documentaristi come Adam Curtis, verificandone gli assunti teorici e le tesi socio-antropologiche su casi di studio desunti dalla ribollente cronaca nazionale e internazionale. Una particolare attenzione verrà data ai riflessi politico-giuridici e sociologico-criminologici determinati e connessi ai processi trasformativi in corso sul piano nazionale e internazionale con focus sui concetti di “istituzione”, “sicurezza”, “rischio”, “paura”, “guerra di culture” e “mutamento socio-culturale”.
Naven/Potlatch
Seminario permanente sul contemporaneo
1. L’epoca delle transizioni (A.A. 2024/2025)
Nel suo ultimo lavoro "The Metamorphosis of the World", pubblicato postumo nel 2016 dalla moglie Elisabeth Beck-Gernsheim, il teorico e sociologo Ulrich Beck provava «a capire, e spiegare, perché non capiamo più il mondo». Un mondo che egli definiva “unhinged”: “out of joint” come il titolo di un celebre romanzo di Philip Dick (Time Out of Joint, 1959), a sua volta citazione di un celebre verso dell’ "Hamlet" di Shakespeare. Un mondo disarticolato e avvinto in un processo di smembramento delle strutture sociali e culturali, e di sradicamento e trasformazione dei presupposti antropologici fondamentali in un movimento globalizzato di “metamorfosi” complessiva che non risparmia alcun ambito e dominio.
Nella premessa, Beck indicava alla nostra attenzione i tanti fenomeni di destabilizzazione che stringono l’umanità in una morsa gigantesca, accelerata e continua come capaci di generare «uno choc di fondo, una svolta che fa saltare quelle che fino a quel momento erano le costanti antropologiche della nostra vita e della nostra concezione del mondo. La “metamorfosi”, così intesa, significa semplicemente che ciò che fino a ieri era impensabile oggi è reale e possibile».
La teoria sociologica di Ulrich Beck, che aveva dato ampia prova di sé nel capolavoro tuttora insuperato, quanto frainteso e “addomesticato” da molti suoi lettori, dedicato alla "Risikogesellschaft" (1986), non solo è stata capace di una straordinaria diagnosi su fenomeni in atto, ma ha anche offerto numerosi elementi di prognosi come critica culturale che sembrano essere più che mai importanti e utili per la comprensione di un’epoca di transizioni quale quella in cui viviamo. Transizioni che è dato oggi osservare in ogni ambito della vita individuale e sociale: antropologica e biologica, demografica, energetica e alimentare, politica e giuridica, sociale ed economica, tecnoscientifica e digitale.
Non c’è praticamente alcun settore o “sfera” della vita sociale che sia risparmiato da quella che appare essere una furia trasformatrice globale promossa in tutto il mondo da spregiudicate élite globaliste e che vede l’Occidente come il terreno in cui maggiormente esse vengono esercitate, sperimentate e imposte.
Numerosi sono i punti di attenzione per la riflessione sociologica. Si aprono immensi problemi in ordine alla legittimità di tali transizioni ove queste manchino del tutto di democratica partecipazione sino a registrare la censura delle voci dissenzienti e la repressione delle iniziative e azioni a esse contrarie. Si presentano ancora più gravi e grandi problemi ove queste transizioni attentino direttamente alla vita umana e collettiva da un lato destrutturando l’essere umano in senso bio-antropologico, anche mediante una dissennata bio-ingegneria diffusa e imposta al livello planetario con ogni mezzo, dall’altro costruendo forme di “società alveare” sempre più automatizzate, sorvegliate e digitalizzate secondo scellerati progetti di ingegneria sociale che richiamano e persino superano le più cupe distopie.
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